Il cosiddetto ’68 è stata una “rivoluzione” (incompiuta, da dimenticare o dimenticata la storiografia non lo ha ancora determiniato) e voi, per quelli che sono contro il ’68, siete i superstiti; per i fautori del ’68 voi siete gli emarginati, quelli che hanno vissuto senza cavalcare l’onda di questa “rivoluzione”. Dato che l’equilibrio è sempre importante respingiamo le unilateralizzazioni e ci facciamo aiutare dalla parola di Dio, che abbiamo proclamato nella memoria dell’apostolo Giacomo, a leggere il sacramento del matrimonio. Sicuramente il salmo responsoriale è espresso dalla vita vostra di coppia, proprio perché quando siete partiti all’epoca era il momento di seminare, e si semina anche nelle lacrime: è il sudore della vostra vita familiare, del lavoro per mandare avanti la famiglia; e certamente non tutte le spighe hanno reso il massimo di quello che si sperava, però ora siete arrivati a mietere le gioie, le soddisfazioni dei traguardi importanti e belli che sono la solidità e la stabilità della vita familiare; qualcosa che non ha prezzo. E, dunque, questo seminare e raccogliere, che molto ha a che fare con l’agricoltura, ci aiuta a cogliere che la vita va misurata non nel breve periodo ma nell’ampio respiro quando il Signore ci concede di vivere lungamente – e a voi è stato dato – insieme.

La prima lettura ci ricorda che esiste una inseparabile relazione tra la fragilità e la potenza della grazia che appartiene a Dio. Nella vita facciamo tutti l’esperienza della fragilità, siamo cioè dei vasi di creta, in e con tutte le tribolazioni nel corpo e nell’anima che possono capitare a noi direttamente o ai nostri cari. La fragilità non si cancella, purtroppo, noi avremmo piacere che con la bacchetta magica il vaso da creta diventasse oro, così avremmo risolto tutti i nostri problemi, ma non è possibile: la fragilità/vulnerabilità diventa strumento della tenerezza di Dio.

È il Signore stesso – passiamo al Vangelo – che ci invita alla fede, con la sua testimonianza, è lui che è venuto non per essere servito ma per servire e si è fatto nostro “schiavo” andando sulla croce per noi. E dunque il Signore ha fatto diventare la vulnerabilità l’espressione della sua ricchezza. La croce di Cristo è il suo talamo. Gli apostoli e la loro mamma vanno da Gesù per chiedere onore, potenza, gloria e il Signore dice: “E voi siete pronti al martirio”? E loro: “Sì, sì noi siamo pronti a bere il calice del martirio …”. E Gesù dice: “Guardate che non è così come avete detto”.  E aggiunge che non è lui ad assegnare i posti, ma è il Padre e che il trono della croce non è particolarmente comodo. San Giacomo apostolo, di cui oggi celebriamo la memoria liturgica, col suo martirio è arrivato alla purificazione della sua fede. Chi vuol essere il primo, cioè chi vuole ottenere il meglio, sia il servo di tutti. Gesù non mortifica il desiderio umano, ma lo amplifica, affermando che soltanto attraverso il passaggio nella fragilità il desiderio umano si purifica e diventa paradisiaco, eterno. Questo ci ricorda che la legge che governa anche il rapporto del marito e della moglie è quella del servizio reciproco, che un matrimonio funziona quando l’amore dalla fase idilliaca passa alla fase concreta di far corrispondere alle parole – ti voglio bene e via di questo passo – fatti concreti. Non c’è altra legge che può dare stabilità all’amore. Ed ecco quella che Rosmini chiama la mirabile congiunzione che dice che la legge del Cristo crocifisso è la legge che vale per tutte le vocazioni e la mirabile congiunzione tra il marito e la moglie è una espressione particolare della Trinità.

Allora questa verità di fede sull’amore coniugale, riflesso della realtà stessa della Trinità, messa alla prova del ’68, oggi trova in voi dei frutti buoni e trova la necessità di essere affrontata con il solito equilibrio del discernimento cristiano, altrimenti può produrre tante distorsioni anche dentro la Chiesa. Mentre io parlo so che voi avete i criteri per capire. Perché rielaborare il patrimonio della fede alla luce delle spinte dell’affettività e della cosiddetta “rivoluzione sessuale”, di tutto quello che il ’68 ha proposto, voi lo sapete meglio di me, può suscitare quelle due estremizzazioni di cui ho già parlato all’inizio. L’estremizzazione di rifiutare totalmente questo ’68 oppure di avvallarlo (cioè accoglierlo) totalmente. Queste due estremizzazioni, anche dentro la Chiesa, hanno provocato delle distorsioni e lo sfasciarsi delle famiglie deriva, da un lato, da un tradizionalismo esasperato che non è in grado di resistere alle provocazioni culturali di questa rivoluzione sessantottina – non può resistere, perché il rifiuto del confronto delle ragioni altrui (che possono essere anche poche e mescolate a tanti errori, ma comunque ci possono essere) porta inevitabilmente allo scontro, e lo scontro è sempre una guerra che alla fine lascia le vittime sul campo e anche chi vince perde lo stesso; lo scontro è tale per cui chi vince perde lo stesso. Dall’altra parte la distorsione dipende anche dal fatto di far diventare una verità di fede quella che invece è il frutto di una ricerca umana: il modo cristiano di rileggere l’eros – ce lo ha indicato il papa Benedetto XVI nella Enciclica Deus caritas est – introduce l’elemento cristiano della grazia e della giustizia di agape, indeducibile e inimmaginabile dalla ragione e dal sentimento e dalla volontà umana. Quando la sintesi tra queste componenti, entrambe essenziali e irrinunciabili – la ricerca dell’uomo e il dono di Dio – viene male capita e addirittura invertita, succede che si fraintende e si distorce. Se uno fa una sintesi sbagliata a fronte di una proposta corretta succede che con un metro fatto male non è in grado di misurare una cosa buona, e la sciupa. Le distorsioni purtroppo sono all’ordine del giorno. Pensate anche alla ricezione del documento del Papa Francesco sulla famiglia Amoris laetitia. Alcuni dicono che c’è un qualcosa che non va bene. E altri dicono: in nome di Amoris laetitia possiamo fare quello che vogliamo. Io semplifico, ma agli estremi pratici questo succede. Prendendo sul serio la sfida che il ’68 pone all’ordine degli affetti, per una fede non solo pensata ma anche sentita dal di dentro dell’amore umano che si apre alla grazia soprannaturale, si coglie la efficace profezia di Amoris laetitia, che voi oggi testimoniate con i vostri anniversari di matrimonio.

Concludiamo con una lode e un ringraziamento a Dio, a cui mi permetto anche io di unirmi, perché l’equilibrio dentro e con la “follia” della croce nella vostra vita di coppia vi ha permesso di non perdere la bussola, e il fatto che voi non abbiate perduto la bussola, che è lo Spirito Santo, è stato ed è e sarà di aiuto alle persone che vi sono intorno.