La preghiera che abbiamo fatto all’inizio parla di san Luigi e dice: “Fa’ che per i suoi meriti e le sue preghiere, se non lo abbiamo imitato nell’innocenza, lo seguiamo sulla via della penitenza evangelica”. Cerchiamo di addentrarci all’interno di questa liturgia della parola, per cogliere qualche frammento del messaggio di Gesù. Lo facciamo utilizzando due immagini. La prima immagine la prendiamo dal creato. Ci è capitato in questi giorni di vedere l’eclissi di luna; con questa immagine ci chiediamo: “Si può parlare di eclissi dei giovani nella Chiesa oggi?”. Se volessimo essere un po’ maliziosi diremmo: “Ecco la festa di san Luigi è l’eclissi dei giovani a Guiglia”. Non che si eclissano ma che sono presenti e poi dopo si eclissano…. Si potrebbe dire che è un fatto fisiologico che i giovani ci sono e non ci sono. Ma questo se siamo maliziosi. Se non siamo maliziosi possiamo ricordarci quello che ha detto Papa Francesco, che potremmo parafrasare così: “Cari cardinali e vescovi e Chiesa universale, dobbiamo fare un sinodo dei vescovi sui giovani perché è una situazione delicata”. La festa di san Luigi a Guiglia, per certi versi, è il sinodo dei giovani, non sui giovani. Ma senza stare a fare la sottigliezza sulle preposizioni dei giovani o sui giovani la questione dell’eclisse dei giovani nella Chiesa è una questione seria, che noi vogliamo considerare alla luce del Vangelo. Questo ragazzetto con i cinque pani e i due pesci si trovava lì insieme agli altri, per caso, forse, o perché aveva seguito i suoi genitori che lo avevano portato ad incontrare Gesù. Da questo episodio emerge la sua vocazione. Ce l’ha detto l’apostolo Paolo nella seconda lettura: “Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo”. Allora che cosa si verifica quando c’è una eclisse? Che tra il sole e la luna ci finisce la terra e quindi la luce del sole non arriva a riflettersi direttamente sulla luna ma si riflette l’ombra che fa la terra sulla luna. Vuol dire che quando capita un’eclisse succede un’inversione, un ribaltamento, l’ordine delle cose viene invertito. E qual è l’ordine che viene invertito? Lo dice Gesù: se andassimo a prendere tutto il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, come vedremo nelle prossime domeniche, lo capiamo dalla fine dell’episodio di oggi. A un certo momento Gesù dice: “Voi siete venuti da me perché vi siete riempiti la pancia!”. Cosa fa Gesù alla fine? Cammina e si va a ritirare in un luogo solitario perché stavano per  venire a prenderlo per farlo re e Gesù non vuole essere fatto re, alla maniera dei regni umani. Ci viene in mente quando Gesù si presenta da Ponzio Pilato che gli chiede: “Tu sei re?” e Gesù risponde: “Tu lo dici! Io sono re, ma il mio regno non è di questo mondo perché se fosse stato di questo mondo il Padre mio avrebbe mandato schiere di angeli per impedire che io fossi crocifisso”. E gli dice anche: “Tu non avresti nessun potere su di me”. E quindi ecco l’inversione: Gesù parla duro – passaggio chiave del Vangelo di oggi è questo al versetto 4: “Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei”. Gesù sta parlando del pane del cielo quello che dà la vita per l’eternità, dell’unico pane che sfama per sempre. E dice: “Voi subito avevate capito che io vi stavo parlando del pane celeste”. Per questo le folle vanno da Gesù non perché lui ha aperto una tavola di ristorazione per tutti, ma perché lui guarisce le persone, gli infermi, perché Gesù ha risvegliato dentro di loro il desiderio di Dio. Poi Gesù si accorge che non c’è nulla da mangiare e dice che bisogna provvedere: Gesù unisce l’anima e il corpo, per lui sfamare l’anima significa prendersi cura del corpo e prendersi cura del corpo significa non separarlo dall’anima. Ma le persone ad un certo punto vanno da lui accontentandosi di quello che gli dà da mangiare… e Gesù dice ai suoi: “Volete andarvene anche voi?”. E Pietro dice: “Queste parole sono abbastanza dure”. Poi aggiunge: “Ma Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Ecco l’eclisse: quando la nostra vita ci vuol far andare da Gesù soltanto perché Gesù ci fa star bene qui, ci fa divertire – vado in parrocchia perché mi diverto, perché ci sono i miei amici, perché si sta bene, perché si mangia bene, perché si beve bene… – è una eclisse dove si è invertito il rapporto tra l’anima e il corpo. È una eclisse che è un passaggio, noi guardiamo a questa situazione sapendo che è un passaggio che si può superare.

Sapete quali sono le vie oltre a quella penitenziale – con la quale abbiamo iniziato la Messa  – che ha vissuto san Luigi, proposte dalla spiritualità cristiana tout court? C’è anche quella illuminativa ed unitiva. Ci sono tre vie. San Luigi le ha vissute tutte e tre e ha fatto bene! Ma noi rischiamo di presentare san Luigi come il supereroe del passato di un’epoca che non c’è più, che ci indica una strada che oggi non è così attraente perché è quella soltanto della penitenza. Ma non dobbiamo dimenticarci delle altre due vie che rendono adulta la nostra fede: quella illuminativa e quella unitiva. Quella illuminativa è l’esperienza della gioia della fede. Il Papa l’ha proprio scritto nella sua Gaudete et exsultate: la vita cristiana è gioia, è felicità, che è più del divertimento, certamente non senza il divertimento. E questa via illuminativa della gioia si sperimenta nella condivisione tra di noi, quando ci sappiamo voler bene, che significa anche sapersi perdonare, riconoscere gli errori e promettersi sinceramente di migliorarsi.

Poi c’è la via unitiva. Ecco io utilizzo un’altra immagine. Oggi sia fuori che dentro la Chiesa c’è bisogno di fare un passaggio epocale che consiste, per dirla con una analogia, nel cambiare il motore da combustione ad elettrico. È un passaggio epocale e può essere un ingrediente che ci aiuta ad uscire dall’eclisse che rischia di diventare una eclisse permanente dei giovani nella Chiesa. Qual è il passaggio epocale tra il motore a scoppio e il motore elettrico nella vita spirituale cristiana oggi? Possiamo dire che il passaggio epocale è proprio quello degli affetti, della affezione. Il passaggio da un cristianesimo anaffettivo ad un cristianesimo dell’affezione dell’agape, cioè dell’amore vero, pieno, di Dio. Quando noi invertiamo il rapporto tra l’anima e il corpo i primi beni che ne risentono sono i beni spirituali.

Voi direte: “Ma perché don Fernando non parla che la crisi dei giovani oggi è dovuta alla mancanza di prospettive per il futuro, professionali, perché se i nostri genitori hanno avuto la possibilità di avere un lavoro e una sicurezza economica per fare una famiglia, oggi i giovani fanno fatica ad avere quelle sicurezze davanti a loro che permettono di fare delle scelte quali, per esmpio, quelle di dire: mi sposo, faccio dei figli…?”. Non ho parlato tanto del lavoro ma insisto di più, che il passaggio del motore a scoppio a quello elettrico è nel mondo degli affetti, perché l’unione con Dio prima di tutto è una questione di cuore che guarisce la nostra capacità di amare. Noi oggi andiamo piano, siamo senza benzina, il nostro motore della vita cristiana e spirituale fa fatica, batte in testa, perché facciamo veramente fatica a mettere in collegamento l’amore di Dio con il nostro desiderio di amore. E la via unitiva che ha vissuto san Luigi è stata precisamente quella di dire: sono pronto e disposto a far dei sacrifici – nelle statue spesso viene rappresentato che con il piede schiaccia la corona del potere di questo mondo, per imitare Gesù che ha detto che il regno di questo mondo è meno bello del regno di Dio – e lì scatta dentro di lui un desiderio di stare vicino agli ammalati, di farsi vicino a quello che fa Gesù e che fa scattare  nelle persone il desiderio di incontrare Cristo: cioè vedevano i segni che compiva sugli infermi.

In questo brano di Vangelo succede che le ceste avanzate sono una attenzione che Gesù non si dimentica di avere. Gesù gliene dà quanto ne volevano da mangiare, Gesù sfama il nostro desiderio e la nostra fame fino in fondo e con eccedenza; queste ceste ci fanno dire quanto questo mondo di oggi è materialmente bulimico e spiritualmente anoressico. Perché per cogliere veramente i bisogni degli altri è necessario che il nostro desiderio di Dio sia veramente a pieni giri. È questa l’energia elettrica del motore della generazione post-eclisse dei giovani nella Chiesa! Il fatto che noi ci rendiamo conto, cioè, che se tutto sommato materialmente non ci manca quasi niente – o comunque molto meno di quello che manca alla stragrande maggioranza dei giovani nel resto del mondo – rischiamo davvero di pensare che a questo punto Dio sia abbastanza marginale nella nostra vita. Abbiamo tanto superfluo nel nostro consumismo post-materialistico del godimento senza felicità che rischiamo di pensare che anche Dio sia consumabile e superfluo. E cosa fa l’anoressico – purtroppo un disagio molto presente oggi? Va davanti allo specchio e si vede molto più grasso di quello che non è. Così noi rischiamo di andare davanti a Dio e di essere anoressici: “O beh, sono andato a messa, per questo mese basta! Sono andato ad aiutare alla festa di san Luigi, prima che torno poi a fare fatica…! O Gesù ti ho detto una Ave Maria oggi!”. Andiamo davanti a Dio e siamo anoressici, crediamo di avere un così grande desiderio di lui quando in realtà siamo così sottopeso che non riusciamo neppure a stare in piedi. E così succede che noi, che facciamo fatica a renderci conto di essere spiritualmente anoressici, buttiamo via tanto di quel cibo che potrebbe sfamare quell’umanità che non ha da mangiare, e non ce ne rendiamo neanche conto! Qualcuno dirà: “Ma la Chiesa si occupa dell’anima non del corpo!”. Invece tanto più la Chiesa si occupa dell’anima per risvegliare dentro di noi il desiderio di amare veramente Dio con tutto noi stessi, tanto più ci rendiamo conto che non possiamo non vivere l’amore al prossimo come a noi stessi, che è l’altra parte del comandamento dell’amore. È qui che c’è una energia e una creatività. Perché i giovani dicono: “Se c’è da cambiare il mondo non aspettiamo che lo cambino gli altri, iniziamo a cambiarlo noi”. Se c’è, come c’è, l’amore di Dio è veramente capace di trasformare la vita delle persone. Non sono altre cose a riuscire in questo. Lo ha detto e lo ha testimoniato Gesù e la gente che lo seguiva, ma se noi abbiamo invertito il rapporto tra l’anima e il corpo e vogliamo definire l’amore di Dio a partire dai nostri sentimenti e non lasciare cambiare i nostri sentimenti dalla parola di Dio restiamo nell’ombra, restiamo nell’eclisse, non facciamo scelte definitive, non scattiamo in avanti. “Eh… non ci si sposa più, non c’è più la scelta del per sempre, perché siamo insicuri, ci manca il coraggio…”. Mettiamoci nelle mani di Dio! Lasciamoci amare come ci ama lui! Facciamo cambiare il nostro cuore dal suo cuore, facciamoci cambiare il motore da Gesù, togliamo il motore a scoppio e mettiamo il motore elettrico. Ecco la via dell’amore unitivo, l’amore di Dio, per un cristianesimo che non diventi – che non lo è mai stato ma forse lo è diventato per effetto non voluto – una prigione che mi vieta quello che mi piace di più. Il cambio è proprio accorgerci, come ci ha fatto vedere san Luigi, che se ci sono delle porte strette, dei cunicoli, delle chicane da fare è proprio per andare più forte e arrivare a destinazione, per potere stare meglio, per amare di più, per amare meglio, per amare davvero. Chiediamo allora al Signore che con san Luigi possiamo superare l’eclisse, possiamo vivere la via penitenziale, la via illuminativa e la via unitiva con un cambio di motore, con una svolta importante; lo si costruisce giorno per giorno nello stare qui, nella celebrazione eucaristica. Facciamoci guidare dallo Spirito Santo e dalle persone che il Signore ci ha messo accanto, pregando perché siano docili e così resi da Dio capaci di vivere la missione loro affidata.

17esima domenica del tempo ordinario anno B