Le due realtà che ricordiamo nella Commemorazione dei fedeli defunti

In questa celebrazione siamo esortati a riflettere su due realtà. La prima realtà riguarda i nostri cari defunti che abbiamo conosciuto e a cui abbiamo voluto bene, e quindi a meditare sull’eternità, su quello che ci aspetta nell’aldilà. L’altra realtà su cui siamo esortati a meditare riguarda noi stessi: la caducità della nostra vita.  Si può pensare alla morte come a qualcosa da evitare assolutamente, e spesso succede. È giusto prenderci a cuore la nostra salute, nel corpo, psicologica e psichica, però potremmo anche essere così timorosi di meditare sulle realtà ultime da pensare che la morte è qualcosa che non ci riguarda, non ci deve riguardare e riguarda solo i defunti che sono già nell’aldilà. Potremmo pensare che mentre viviamo è meglio non pensare alla morte, perché la morte tocchi agli altri, sia che gli vogliano bene, sia che gliene vogliamo un po’ di meno – a volte ci vengono delle tentazioni da evitare – ma comunque la morte è qualcosa che deve riguardare gli altri e non noi stessi.

 

La Commemorazione dei fedeli defunti riguarda anche noi

Queste realtà invece sono unite le une alle altre. Non possiamo vivere la Commemorazione dei fedeli defunti come se essa riguardasse i defunti che sono già di là e basta. Questa commemorazione invece non riguarda solo i defunti che sono di là. Riguarda anche noi perché abbiamo bisogno di lasciarci toccare dalla certezza che ci indica la prima lettura. In essa il profeta Isaia dice che il Messia, quando verrà, e noi riconosciamo che è Gesù di Nazareth, eliminerà la morte per sempre. La nostra fede si basa su questa realtà, che Cristo ha eliminato la morte per sempre.

 

La nostra vita è un essere per la rinascita

Allora voi direte: «Ma perché continuiamo a morire?». O è vera la parola di Dio, allora non dovrebbe esserci più la morte, oppure la Parola di Dio non è vera in se stessa o è vera soltanto per chi ci crede, ma a questo punto la volontà della fede sarebbe soltanto una certezza soggettiva. C’è una bella differenza tra una certezza soggettiva e una realtà reale. La Parola di Dio ci viene in aiuto con la seconda lettura nel momento in cui afferma che la nostra vita in attesa della morte non è un essere per la morte, come ha scritto un filosofo del Novecento molto noto, ma la nostra vita è un essere per la rinascita. Cioè, quella creazione che è stata sottoposta alla caducità è stata messa in questa condizione perché ci fosse quella libertà che ci dona Cristo Risorto attraverso le primizie dello Spirito Santo, tali per cui questi doni ci permettono di comprendere che la nostra vita è un pellegrinaggio verso la pienezza della resurrezione e, dunque, il morire nella caducità della creazione è l’essere partoriti all’immortalità dell’eternità.

 

Non rimuoviamo il pensiero della morte dalla nostra vita

Ecco perché il profeta Isaia non dice una bugia. Ecco anche perché non è corretto il ragionamento che noi faremmo pensando che se Cristo è risorto e noi continuiamo a morire allora non è vero quello che dice la Chiesa. Il nostro modo di camminare nella storia e nella vita di tutti i giorni ci aiuta a comprendere bene, a patto che noi non facciamo la rimozione del pensiero e della realtà della morte che ci riguarda tutti. I banchi sono di legno quindi non c’è metallo, potevate venire nelle seggiole… ma sarebbe stato un confondere la superstizione con la fede cattolica.

 

La morte è come una crisalide

Il nostro vivere diventa, con il pensiero della morte, non paura, terrore, angoscia che ci deprime e ci butta via la speranza e ci fa piombare in una tristezza da cui non usciamo più (e poi dobbiamo andare dallo psicologo e dallo psichiatra). il nostro camminare, piuttosto, ci fa cogliere che la morte è come una crisalide e la nostra vita è fatta per spiccare il volo. La crisalide è l’ultimo involucro del bruco prima che diventi farfalla. La nostra vita è questo. La caducità della vita non significa che la nostra vita va a finire in niente, è la caducità della vita che finisce in niente, ma è la vita che abbiamo ricevuto nel battesimo che, nel momento della morte, diventa l’inizio dell’eternità. È questo il nostro fulcro, cioè il cuore pulsante della nostra vita di cristiani, cioè persone che alla luce della risurrezione di Cristo guardano la temporalità a partire dall’eternità e non l’eternità a partire dalla temporalità. Noi guardiamo le cose di quaggiù a partire dalle cose di lassù.

 

Quello che noi facciamo nel tempo ha valore nell’eternità

Ed ora per concludere arriviamo proprio al succo del Vangelo di questa commemorazione. Il Vangelo ci dice che proprio perché la terra e il cielo sono destinati a fondersi definitivamente quello che noi facciamo nel tempo e nella storia ha un valore nell’eternità e quello che non facciamo nella storia ha un effetto nell’aldilà. Esattamente il fatto di unire la considerazione delle due realtà di cui io vi parlavo. Noi qui oggi consideriamo in particolare le realtà dell’aldilà dove ci sono i nostri cari defunti e consideriamo, se vogliamo farlo, la realtà della caducità della vita, cioè siamo convinti che la morte non riguarda soltanto gli altri ma è un fatto che toccherà anche a noi e l’attenzione a non fare delle omissioni è decisivo per il nostro futuro nell’aldilà.

 

Guardare il Vangelo per come è

Qui non si tratta di dire il Vangelo secondo il tal politico o il tal altro politico. Perché se noi guardiamo il Vangelo secondo il tal politico, da questa pagina togliamo quasi tutto; se noi guardiamo il Vangelo secondo il tal altro politico noi aggiungiamo a questa pagina qualcosa che non c’è nel Vangelo, cioè che bisogna fare una certa azione politica piuttosto che un’altra. Se noi lo guardiamo in questo modo questo Vangelo non ci dice nulla… oggi potevamo anche stare a casa! Noi non dobbiamo guardare il Vangelo secondo il tal politico o il tal altro. Noi dobbiamo guardare il Vangelo in se stesso per come è. Il Vangelo ci dice che le omissioni che facciamo nell’ordine materiale hanno un effetto spirituale. Sottolineo degli aspetti che nella catechesi tradizionalmente non sono stati molto sottolineati. Si diceva: se tu vuoi essere un buon cristiano ti devi dedicare all’interiorità, al resto delle cose puoi dedicare meno attenzione. È una accentuazione. Cioè mettiamo l’accento più su una cosa piuttosto che su un’altra, l’accento ci va e non può essere tolto.

 

L’anima risorge e anche il nostro corpo

Questo Vangelo. della seconda Messa nella Commemoriazione dei fedeli defunti, è radicato sulla conclusione della seconda lettura; io rifletto con voi l’effetto della Parola di Dio. “Aspettiamo la redenzione del nostro corpo”: la redenzione del nostro corpo. Ecco perché nel Vangelo di Gesù si dice che noi ci possiamo presentare davanti a lui senza la pretesa di dire: io il Paradiso me lo merito al 100%! Davanti al Signore noi sappiamo che non solo l’anima risorge, ma anche il nostro corpo. E voi potreste dire che vi abbiamo detto fino a ieri che l’anima risorge e il corpo va a finire in niente… adesso sono cambiati i regolamenti? Assolutamente no. Nel primo credo, quello degli Apostoli, si dice “credo la resurrezione della carne”. Vuol dire che c’è un corpo caduco e un corpo incorruttibile e che noi entriamo del tutto in Paradiso con l’anima e col corpo nella misura in cui sappiamo fare le opere di misericordia corporale.

 

Ricomporre la divaricazione tra anima e corpo, tra opere di misericordia spirituali e opere di misericordia corporali

Evitiamo ora l’estremo opposto di dire che si può smettere di pregare perché basta la carità. Lo dice il Signore: è importante la preghiera di suffragio che siamo venuti a fare oggi in Chiesa. Oggi noi attraverso l’eucarestia è come che facessimo un’opera di misericordia, la più importante, di pregare Dio per i vivi e per i defunti. È un’opera di misericordia spirituale che non può essere disgiunta dall’opera di misericordia corporale di seppellire i morti. Questo non vuole dire aspettare che muoiano, vuol dire visitare gli ammalati e fare del bene in nome di Gesù Cristo. È questa forbice della divaricazione tra le cose spirituali e materiali che noi dobbiamo ricomporre: ricomporre l’armonia tra l’anima e il corpo, tra la preghiera e la carità. Non possiamo essere cristiani schizofrenici: io sono un cristiano tutto per la carità e quindi prego meno. Io sono un cristiano tutto spirituale e quindi non posso fare del bene. Ci aiuti il Signore a vivere il modo pieno e vero la preghiera di suffragio che facciamo per i nostri defunti sapendo che la nostra preghiera sarà efficace se e solo se sapremo vivere fino in fondo anche le opere di misericordia corporale che ci ha indicato il Vangelo. E la liturgia non ci mette a caso questa pagina di Vangelo proprio oggi. Ho cercato di condividere con voi il motivo.