Saluto alla parrocchia natale di Soliera a pochi giorni dalla ordinazione presbiterale dell’8 giugno 2002

Carissimi fratelli,

della parrocchia di Soliera, con grande trepidazione vi scrivo queste righe, in cui cerco di esprimere quello che sto provando in questi momenti, nell’imminenza della mia ordinazione sacerdotale. Ogni parola che leggete di questo articolo ha il peso e la forza di una vita spesa nel desiderio del sacerdozio,  che il Signore molto presto ha seminato dentro di me. Il suo Spirito mi ha guidato per le sue vie a poter ricevere un così inestimabile, e sempre immeritato, dono! In questi giorni sto ripercorrendo in lungo ed in largo tutta la mia giovane vita, e la scopro così piena dell’Amore del Signore! Vi devo proprio confidare che la storia della mia vocazione non si spiega senza Soliera: sono convinto che se non fossi nato a Soliera difficilmente sarei diventato prete! Probabilmente vi state chiedendo perché, e allora cerco di rispondere subito; credo che il motivo sia molto semplice: in una terra, come la nostra, in cui l’ateismo e l’assenza di Dio hanno portato le persone così lontano dall’esperienza di fede nel Signore, era possibile sentirsi amati alla follia dal Signore, ed accettare senza problemi che gli uomini vivano lontano da Lui e senza di Lui? No, naturalmente! Ecco il motivo per cui ho accolto la sfida di essere completamente al servizio del Signore, senza confidare in nessun mezzo umano eccetto la preghiera, per essere nelle sue mani strumento della sua opera. Se la posta in gioco non fosse stata così alta, non avrei accettato la scommessa, perché a me piacciono solo le scommesse più impegnative!

Credo che a Soliera questa scommessa sia proprio tra le più ardue, e ho constatato quanto ciò sia vero durante questi anni passati in mezzo a voi: come facciamo presto ad inquinare la fede  e la  vita parrocchiale con dei surrogati, che sono guidati da una logica diversa da quella che il Signore vuole, per ottenere quello che lui ci chiede utilizzando però mezzi che non sono il suo: la Croce, unica via e unica certezza di Vita piena! Vorrei essere per voi quello che S. Giovanni Battista è stato per Gesù davanti al popolo di Israele: colui che vi indica il Messia, e che, mentre vi indica colui nel quale dobbiamo porre tutta la nostra fiducia e la nostra speranza, scompare. Perché io devo diminuire, e Lui crescere. Sì, è il Signore che deve crescere, è il Signore che è in mezzo a noi, e ci ama fino alla fine, così come siamo, perché possiamo passare da una vita vecchia e buia, ad una vita nuova, che ha Lui al centro di tutto il nostro agire!  Contemplo le opere meravigliose che in questi anni Lui ha compiuto, sta compiendo e compirà nella sua Chiesa che vive a Soliera: tra i frutti più belli e più freschi, da quando è parroco in mezzo a noi don Antonio, vorrei cogliere con voi questi:

1)  la missione diocesana, fatta da noi parrocchiani di Soliera, iniziata l’anno scorso, e che dalla Pasqua di quest’anno è diventata permanente per tutta la parrocchia;

2) il rinnovato slancio per la Parola di Dio e l’adorazione eucaristica, vero nutrimento della nostra vita;

3)  la costituzione della  Caritas parrocchiale, segno di una comunità ecclesiale che vuole vivere sul serio il vangelo, che è lieta notizia per tutti, ed in particolare per i più poveri nello spirito e nel corpo;

4)   la ricerca sempre più autentica della vera comunione: tra le persone e nostro Signore; tra le persone che si rapportano tra di loro; tra le diverse associazioni e movimenti che, con la loro spiritualità e il loro carisma, devono lavorare per il vero bene comune, attraverso la conversione di ciascuno di noi;

5)  la realizzazione del progetto diocesano per le attività di oratorio: il C. A. G. (Centro di Animazione Giovanile), che ha molti spazi per crescere ed aumentare le attività ricreative che la parrocchia può offrire ai giovani;

6)  la volontà di confrontarsi con fede e rispetto riguardo al valore dell’attenzione al sociale e al politico, seriamente ispirati ad una prospettiva cristiana.

Potremmo continuare ad enumerare le meraviglie che il Signore sta facendo in mezzo a noi, ma siccome sono certamente più belle quelle che farete senza di me, è meglio che mi fermi per non fare sfigurare troppo quelle di adesso! Concludo con due parole: grazie e perdono. Grazie per tutto quello che mi avete dato, cioè l’unico dono prezioso che valga la pena di vivere: la fede. Perdono, per tutte le mie mancanze di carità e di servizio verso tutti voi. Siete per sempre nel mio cuore.

Vostro don Fernando