Articolo apparso su Vatican Insider al link

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il 21/6/2017

Amoris laetitia, alcuni spunti teoretici e filosofici

Un’analisi dell’esortazione apostolica di Papa Francesco, “capolavoro” di pastorale familiare, attraverso lo sguardo e gli studi di quattro importanti teologi

di Roberto Cutaia

In un cambiamento d’epoca dove la Verità è ricondotta ad un’opinione fra le tante, “l’uomo con l’abito bianco” più famoso del pianeta cosa fa? Esalta il tema famiglia donando l’Esortazione postsinodale Amoris laetitia, nel bel mezzo di una scristianizzazione della società, un po ̓come portare vasi a Samo e nottole ad Atene per adoperare un’espressione ripresa anche da Ludovico Ariosto. Nove capitoli per 325 paragrafi. Trattasi di un “capolavoro” di pastorale familiare (ogni nucleo familiare dovrebbe meditarne un capitolo al giorno), tra i più validi tra quelli che la Santa Chiesa nella bimillenaria storia abbia potuto donare all’umanità riguardante la famiglia per riportarla all’autenticità originaria.  

E se l’odierna umanità sempre più di frequente “schiava” di sedute psicoanalitiche inconcludenti, l’Amoris laetitia oggi, consente alle famiglie di ritrovare modello e vigore un happy end. A quella tradizionale di rafforzare e discernere il proprio cammino e a quelle cosiddette allargate o similari di ritrovare le giuste ragioni del settimo sacramento. «L’esortazione affronta, con stili diversi, molti e svariati temi. Questo spiega la sua inevitabile estensione. Perciò non consiglio una lettura generale affrettata. Potrà essere meglio valorizzata, sia dalle famiglie sia dagli operatori di pastorale familiare, se la approfondiranno pazientemente una parte dopo l’altra, o se vi cercheranno quello di cui avranno bisogno in ogni circostanza concreta» (Amoris laetitia, 7). Pertanto si cercherà in questa circostanza – con l’ausilio di quattro filosofi e quindi teologi – di mostrare una griglia di spunti teoretici – filosofici.  

  

«L’Amoris laetitia, ribadendo l’impianto teologico di fondo del sacramento del matrimonio, ha sviluppato la prospettiva della disciplina pastorale: proprio per meglio incarnarla in un mondo profondamente mutato. L’Esortazione valorizza la sessualità matrimoniale, ponendola nell’orizzonte della tenerezza dell’amplesso (nn. 27-30), cioè alla luce del kerygma in quanto “annuncio di amore e di tenerezza” (n. 59): infatti “un amore senza piacere né passione non è sufficiente a simboleggiare l’unione del cuore umano con Dio” (n. 142)» (Fulvio De Giorgi, Università di Modena e Reggio Emilia).  

  

«Altro fondamento ribadito è la genitorialità responsabile, cioè la pianificazione familiare (nn. 42, 68, 167), rispetto alla quale i coniugi decideranno con un dialogo consensuale, di comune accordo, con sforzo comune (n. 222). Ma come realizzare questa pianificazione familiare? Qui si apre uno sviluppo innovativo, rispetto alla assoluta condanna dei metodi cosiddetti non naturali. Possiamo riassumerla così: il ricorso ai metodi fondati sui ritmi naturali di fecondità “andrà incoraggiato” (n. 222), ma ciò non implica che il ricorso ad altri metodi sia sempre condannabile. Facciamo un esempio: anche la confessione frequente andrà incoraggiata (n. 227), ma la confessione non frequente non è di per sé un peccato: può esserlo se è manifestazione di chiusura alla fede, arroganza, individualismo farisaico. L’Esortazione invita ripetutamente a evitare discorsi astratti» (De Giorgi).  

  

«Se viene rispettata “la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità” (n. 82), se cioè viene riconosciuta la dignità dell’altro perché la decisione avviene a motivo della sua felicità (nn. 109-110), allora non c’è un male, ma un bene possibile perché rafforza e nutre la tenerezza nuziale e libera dal desiderio egoistico di possesso egoistico (n. 127). Quando la coppia, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa (n. 300), è soggettivamente certa, in coscienza (n. 298), che tale scelta di regolazione non la contraddica ma ne confermi l’appartenenza (“là dove solo Dio vede”: n. 319), allora l’amore coniugale continua a dar gloria alla Trinità (n. 314) e a contribuire a far sì che la vita coniugale diventi liturgia (n. 215)» (De Giorgi). È un rifarsi alle origini per valutare la situazione presente con un metro caratteristico, quello dell’amore.  

  

«Comprendere l’Esortazione Apostolica post-sinodale AmorisLaetitia redatta dal Papa (19 marzo 2016), con particolare attenzione al quarto capitolo incentrato su L’amore nel matrimonio (paragrafi 89-164), significa confrontarsi, come ha messo in luce Pierangelo Sequeri, nell’«Osservatore romano» dell’11 marzo 2017, con una singolare e autentica «ricomposizione sistematica dell’antropologia teologica del matrimonio intorno alla verità sapienziale – non pelagiana (volontarista) e non gnostica (spiritualista), non illuministica (razionalistica) e non romantica (sentimentale) – del matrimonio», laddove si manifesta una vera e propria “armonia” tra erosphilia e agape» (Stefania Zanardi, Università di Genova).  

  

«L’amore nel matrimonio che si richiama all’Inno alla carità di San Paolo, sul quale papa Francesco edifica la pastorale familiare, implica il rinnovamento delle modalità di concepire i legami fondati sull’amore raffigurato come dimensione della fede. Nella fede cristiana l’uomo, che non può vivere senza amore, non può vivere senza Dio, in quanto, come evidenzia Benedetto XVI, nella sua prima Enciclica, Deus caritas est (25 dicembre 2005):«“Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell’esistenza cristiana: “Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto”» (Deus caritas est, 1)» (Zanardi).  

  

«Attraverso il Concilio Vaticano II abbiamo appreso che l’amore matrimoniale coinvolge «il bene di tutta la persona» ed è in grado di «arricchire di particolare dignità le espressioni del corpo e della vita psichica e di nobilitarle come elementi e segni speciali dell’amicizia coniugale» (AmorisLaetitia, 142). Ciò si trova in sintonia con quanto afferma il filosofo e teologo tedesco Markus Krienke, uno degli autori che ha partecipato alla stesura di Docat, secondo il quale già Antonio Rosmini, con la sua «valorizzazione della famiglia basata sul matrimonio come primo e fondamentale bene relazionale della dignità umana, giunge a conseguenze importanti per la dottrina teologica del matrimonio che fino al Concilio Vaticano II non acquisterà quel senso personale che troviamo negli scritti di Rosmini: il fine del matrimonio è innanzitutto la realizzazione del “bene naturale” della persona, unione di amore come partecipazione a quel bene assoluto della persona che si realizza in ultima analisi soltanto nell’ordine soprannaturale» (M. Krienke, Famiglia e sussidiarietà. Un confronto tra la Filosofia del diritto di Rosmini e le Grundlinien der Philosophie des Rechts di Hegel, in Diritto e diritti nelle «tre società» di Rosmini, M. Dossi – F. Ghia (eds.), Morcelliana, Brescia 2014, p. 91)» (Zanardi). Ora se l’uomo accetta di rivedere le sue vie, Dio non esita a perdonare perché è Padre misericordióso che ascolta le persone con la tenerezza di cui quella dei padri terreni è solo una pallida immagine.  

  

«In questo contributo vorrei soffermare la mia attenzione sull’ultimo capitolo dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, quello sulla spiritualità coniugale e familiare. Lo stile soprannaturale della famiglia si esprime nel fatto che «i momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione. I coniugi danno forma con vari gesti quotidiani a questo spazio teologale in cui si può sperimentare la presenza mistica del Signore risorto» (n. 317) e «il nutrimento dell’Eucaristia è forza e stimolo per vivere ogni giorno l’alleanza matrimoniale come «Chiesa domestica» (n. 318)» (Fernando Bellelli, Università di Modena e Reggio Emilia).  

  

«L’Eucaristia è la fonte e il culmine dell’esperienza coniugale e familiare della Risurrezione, la quale, quando è vissuta con autentica partecipazione esistenziale, e, pertanto, veramente umana anche dal punto di vista del soggetto, purifica ed eleva le relazioni familiari: «Così fiorisce la tenerezza, in grado di suscitare nell’altro la gioia di sentirsi amato. Essa si esprime in particolare nel volgersi con attenzione squisita ai limiti dell’altro, specialmente quando emergono in maniera evidente» (n. 323)» (Bellelli). «è necessario che il cammino spirituale di ciascuno – come indicava bene Dietrich Bonhoeffer – lo aiuti a “disilludersi” dell’altro, a smettere di attendere da quella persona ciò che è proprio soltanto dell’amore di Dio. Questo richiede una spogliazione interiore. Lo spazio esclusivo che ciascuno dei coniugi riserva al suo rapporto personale con Dio, non solo permette di sanare le ferite della convivenza, ma anche di trovare nell’amore di Dio il senso della propria esistenza. Abbiamo bisogno di invocare ogni giorno l’azione dello Spirito perché questa libertà interiore sia possibile» (Bellelli).  

  

«La nuzialità trinitaria (con questa cifra teologico – filosofica ci sembra si possa sintetizzare una delle principali chiavi di lettura del testo, in particolare nei nn. 324-325), che l’Esortazione, nel suo complesso, provvede ad inquadrare, nell’ottica della teologia del Battesimo, non solo in riferimento alla vita familiare, ma anche in riferimento alla verginità consacrata e al ministero ordinato, proprio all’interno dello spazio esclusivo che ciascuno dei due coniugi riserva al suo rapporto personale con Dio, è tale per cui l’esperienza della grazia, nella forma specifica del sacramento delle nozze, mediante la capacità umana di “spogliarsi” delle proprie illusioni sull’altro, rivela come la misericordia, in quanto compimento della giustizia, è il frutto maturo di una corretta interazione tra la verità e la carità/agape» (Bellelli).  

  

«La giustezza della misericordia di Dio è tale per cui riconosce che un utilizzo oggettivistico e legalistico della giustizia diventa un’ingiustizia nella misura in cui sortisce l’effetto di iniettare nel cuore dell’uomo un nichilismo che lo distrugge, allontanandolo dalla grazia salvifica, proprio perché inocula la paura, confondendola con il timor di Dio, dono dello Spirito Santo e principio della sapienza. L’Amoris laetitia ci restituisce la gioia, il gaudio e la letizia del vangelo, che è per l’uomo, e, per questo sconfigge il peccato, modulando, nel progresso culturale, le insondabili ricchezze del mistero di Cristo, finché Egli venga» (Bellelli). Ecco papa Bergoglio c’invita affinché il senso originario della maternità e paternità non declini perché è un dono di Dio.  

  

«Se si resta alle letture e interpretazioni qua e là riecheggiate sulla Amoris Laetitia di papa Francesco si rischia di perdere il tratto peculiare di questa esortazione apostolica che nasce nel cuore della scelta di impegno di Chiesa che ha inaugurato questo pontefice. Non entro nel dibattito che si è generato su molte precomprensioni del documento. E non taccio di un certo fastidio a leggere approssimazioni e superficialità. Provo quindi a collocare questo documento non nel suo tema specifico ma nel quadro teologico che mi pare contenga tutti i temi affrontati intorno alla famiglia» (Marco Moschini, Università di Perugia).  

  

«Non nascondo che sono colpito dal passaggio epocale che ci offre la Chiesa di Francesco. La volontà di aprire tutti i credenti al dialogo con il mondo tenendo conto di tutti e con tutti. Sinodalità come cammino insieme della Chiesa che vuole specchiarsi nel Vangelo e far specchiare nel Vangelo il cuore pulsante dei problemi del mondo. E in questo la AL non fallisce assolutamente. Io sento in questo documento la forza di un nuovo modo di stare della Chiesa nel nostro tempo. Facendo presenti i problemi e i problemi di tutti per metterli sotto la luce eterna e sempre nuova della parola di vita. Nella AL tale forma di dialogo parte così dalla domanda: “E Cristo come vedrebbe la famiglia di oggi?”» (Moschini).  

  

«Certo l’Esortazione apostolica non nasconde i mali della famiglia e non manca di elencare gli errori di coloro che sembrano lottare contro la famiglia. Eppure questi mali restano illuminati dal Vangelo e per il papa i luoghi della sofferenza (in questo caso della famiglia) restano i luoghi dove deve risplendere l’amore di Cristo e della sua Chiesa. E Dio ama con la sua prossimità» (Moschini).  

  

«Qui il secondo aspetto che mi ha colpito: la teologia dell’accoglienza dell’uomo. La teologia della prossimità che è stata inaugurata dalla Envagelii Gaudium e che nella AL compie un passo concreto e di prassi. Tradimento della dottrina come taluno ha gridato? Non credo proprio. Forse impegno per una declinazione viva della prossimità? Sì, questo sì. Allora mi sono ritrovato in questo documento allorquando ha favorito in me il ricordo che non si può gustare il valore più alto della fede cristiana se non c’è la declinazione del tema del dialogo e della prossimità sotto la luce della verità. Se non si rinnova l’incontro dell’uomo fatto di carne e sangue con Dio. È con questa fiducia nella forza dell’incontro personale tra l’uomo e Dio che il cristianesimo ha segnato la cultura occidentale trasformandola» (Moschini).  

  

«Il cristianesimo si è fatto carne nell’uomo ed è per questo indisgiungibile dalla storia. La storia di tutti, la storia personale, con le speranze e le gioie, fatta di dolori e di fatiche. Questi due elementi teologici posti come premessa della AL (spesso taciuti) sono per me la cornice che rende tutto il quadro più bello e più ricco di come una lettura superficiale invece non testimonia» (Moschini).